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PROTAGONISTI:
- LUIGI IX, insieme alle truppe crociate
- Fakhr al-Din Ibn Shaykh al-Shuyukh e Bairbas, insieme alle truppe arabe e beduine.
CONTESTO:
Pontoise, nord-ovest di Parigi, 1245.
Il regno di Francia rimane con il fiato sospeso per le sorti del suo amato sovrano, re Luigi IX, profondamente malato e prossimo alla morte. Da una condizione di estrema precarietà fisica tuttavia, come ci racconta Jean de Joinville, Senescalco della regione dello Champagne, il sovrano passa repentinamente ad una migliore situazione medica e fisica, per lui chiaro segno della benevolenza e del volere divino.
Nel fervente credente, qual’è in effetti Luigi, si genera così una forte volontà di prendere la croce e di partire per una possibile crociata contro gli infedeli musulmani in medioriente.
Inamovibile contro qualsiasi perplessità della corte, con lui decidono di partecipare all’impresa anche i suoi tre fratelli: Carlo, conte d’Angiò, Roberto, conte d’Artois e Alfonso III, conte di Poitiers.
Il piano per intraprendere questa spedizione è pressoché abbozzato, ponendosi come obbiettivo il più ricco e importante dei domini arabi, l’Egitto, in quell’epoca governato dalla dinastia Ayyubide, inaugurata dal famoso condottiero musulmano Saladino alla fine del XII secolo.
La partenza per l’oriente viene effettuata nel 1247, nel porto di Aigues Mortes nel sud della Francia, mentre l’arrivo degli armati a Cipro, scalo fondamentale per le azioni navali e terrestri in Terrasanta, avviene il 21 settembre del 1248.
Al Cairo il sultano al-Salih Ayyub prende atto della possibile invasione del nemico europeo e investe molte energie nel rafforzamento difensivo delle coste egiziane, soprattutto nei pressi di Alessandria e Damietta.
Il 30 maggio del 1249, forte della notevole cifra di 1800 imbarcazioni, Luigi IX salpa in direzione dei territori del Sultano.
Le avverse condizioni metereologiche però, causano notevoli perdite alla sua flotta, costringendolo ad aspettare, prima dello sbarco, le truppe del duca Ugo IV di Borgogna, del conte Guglielmo II di Longespee e del principe d’Acaia Guglielmo II di Villeharduin.
Il 5 giugno le truppe sbarcano senza troppi intoppi nei pressi di Damietta, in seguito occupata.
L’assenza di una vera e propria resistenza è dovuta allo scompiglio decisionale avversario causato dallo stato di grave indecenza medica in cui versava il sultano.
In seguito all’arrivo dei rinforzi del conte di Poitiers, il sovrano con i suoi fidati sostenitori discutono sulle successive mosse da intraprendere, Alessandria o Cairo ?
Molti tra i presenti, tra i quali l’impetuoso conte d’Artois, fratello del re, optano fermamente per la seconda, mentre altri per la prima. Alla fine Luigi IX decide di seguire coloro che premono per un attacco diretto al cuore politico della dinastia Ayyubide, il Cairo.
La marcia inizia in 28 novembre 1249 e dopo aver fatto varie tappe lungo la sponda del fiume Nilo, Luigi IX decide di sistemare il campo dell’armata sulle rime del fiume Bahr As-Jaghir, nelle vicinanze della città di Mansurah, a ridosso della quale viene imbastito anche l’accampamento arabo.
Nel medesimo periodo il sultano muore e viene eletto come suo successore Fakhr ad-Din ibn al-Shaykh, denominato dai cristiani Scecedin.
L’obbiettivo cristiano era quello di costruire un ponte per permettere il passaggio del grosso dell’esercito e così marciare verso Mansurah e scacciare l’esercito nemico.
Tuttavia la costruzione di questo ponte si rivela fin da subito molto ardua, più volte infatti esso crolla a causa dell’imperizia degli ingegneri occidentali, causando l’aumento del morale degli invasi, che riescono a lanciare sempre più frequenti assalti al campo cristiano, grazie ad un passaggio del fiume nei pressi della città di Sharamsah.
L’accampamento occidentale deve essere quindi difeso con più efficacia, e si decide quindi di posizionare le truppe di Carlo d’Angiò a presidio dell’area sud, rivolta verso il Cairo, mentre Alfonso di Poitiers, insieme alle truppe di Joinville, difendono l’area nord, verso Damietta.
Nei ripetuti assalti musulmani di dicembre, viene utilizzato varie volte quello che Joinville descrive come “un drago che stava volando attraverso l’aria”, cioè il fuoco greco, miscela infiammabile molto efficace utilizzata nel medioevo in area mediorientale.
Ovviamente l’utilizzo di quest’arma pone in svantaggio le truppe francesi, non solo da un punto di vista militare, ma anche da un punto di vista psicologico, creando panico e molta preoccupazione nel cuore dei crociati e dello stesso sovrano.
LO SCONTRO:
La fortuna sembra ritornare dalla parte di Luigi quando un beduino, sotto ingente pagamento, avvisa della presenza di un passaggio sicuro per attraversare il fiume a pochi chilometri dall’accampamento.
Luigi allora, insieme ai suoi tre fratelli decidono di scatenare la prima vera offensiva della campagna, è l’8 febbraio 1250.
Il contingente, formato da un corpo centrale più lento in cui vi è la presenza del sovrano, è costituito da un’avanguardia di Templari guidata dal Gran Maestro Rinaldo di Vichiers, ed è seguita dal battaglione di Roberto d’Artois.
L’imprudenza e la spavalderia di quest’ultimo tuttavia, lo incitano a lanciarsi all’inseguimento delle prime truppe nemiche che scorge oltre il fiume, staccandosi dalla restante parte dell’esercito.
Questa mossa viene subito riconosciuta come un grave errore tattico e un grande disonore arrecato alle truppe del tempio, che, per ordinanza regia, avevano il diritto di attaccare per prime il nemico.
L’avventatezza del conte tuttavia, almeno inizialmente, riesce a cogliere completamente impreparate le difese del campo avversario, il quale viene attaccato e molti armati nemici, tra i quali lo stesso emiro Fakhr al-Din Ibn Shaykh al-Shuyukh trovano la morte. La ritirata musulmana finisce all’interno delle mura di Mansurah, dentro le quali Roberto riesce a continuare il suo inseguimento, incurante del incombente pericolo per le sue irrisorie truppe.
Compresa l’esigua entità delle forze giunte a Mansurah, gli Ayyubidi, sotto il comando dell’emiro Bairbas, chiudono le vie d’uscita dalla città, intrappolando Roberto con 300 dei suoi.
La notizia giunge a Luigi, che ordina ai reparti di cavalleria, tra cui vi è anche Joinville, di liberare suo fratello.
La cavalleria però si trova in difficoltà, non riuscendo a mantenersi compatta ed in balia di un soverchiante numero di nemici. Carlo d’Angiò allora, insieme alle truppe reali, si precipitano in soccorso di Joinville e degli altri gruppi di cavalieri, permettendo così la loro salvezza ed il ritiro delle truppe nemiche.
L’armata, mantenendosi costantemente non troppo lontano dalle unità di supporto del duca di Borgogna, rimaste a difesa dell’accampamento, è però minacciata e sfiancata dal continuo bersagliamento delle unità a cavallo arabe.
La ritirata è dunque necessaria, Luigi riesce tuttavia a sistemare l’esercito nell’accampamento musulmano, in precedenza abbandonato dagli infedeli.
La nuova posizione si ritrova però ben presto accerchiata, dopo pochi giorni, dalle truppe fresche del generale Bairbas, che dispone di 4000 cavalieri, 3000 beduini e svariate truppe appiedate.
I beduini sono i primi che lanciano l’assalto, indirizzato verso la zona difesa dalle unità di Carlo d’Angiò, che viene immediatamente supportato dalle truppe regie.
La difesa crociata è così suddivisa:
A fianco dei battaglioni di Carlo ci sono quelli dei crociati di Cipro e di Terrasanta, comandati dai fratelli Goffredo e Baldovino di Ibelin.
In seguito si trovano i battaglioni di Walter di Chatillon, mentre gli uomini di Joinville combattono alla sinistra delle truppe del conte di Fiandra, a sua volta affiancato da Guy de Mauvoisin.
Se queste truppe sopportano bene gli scontri grazie alla presenza di reparti di cavalieri, le truppe guidate da Alfonso di Poitiers non riescono a reggere l’urto nemico, venendo sopraffatte. Lo stesso conte rischia la cattura.
CONCLUSIONE:
A seguito di questi scontri, che tuttavia riescono a respingere le varie sortite nemiche, Luigi IX mantiene la posizione, per poi iniziare una lenta ritirata verso Damietta nella primavera del 1250, a seguito di una grave epidemia scoppiata all’interno del campo, aggravata da una forte carestia.
Anche se Luigi ed il sultano sono pronti per attuare dei negoziati per far finire le ostilità, le cose tuttavia non vanno per il verso giusto ed il sovrano francese viene catturato nella località di Moniat Abdallah, mentre il sultano viene ucciso dagli emiri, ed in particolare da Faras ad-din Aktav, per paura di essere in futuro giustiziati dal sultano a causa del loro accresciuto potere durante gli eventi bellici.
Così si conclude dal punto di vista militare la campagna egiziana, anche se, una volta liberato Luigi IX, a seguito di un’ingente riscatto di 500.000 livres, la crociata finirà solamente quattro anni dopo in Terrasanta.
FONTI: